Acqua Sacra presentation in Rieti, Italy, featuring Gianfranco Formichetti:
Romanzo che sviluppa una narrazione particolarmente dinamica, tanti temi compresi in un itinerario che si muove sul tema del RITORNO, tema canonico della letteratura da Omero a Cesare Pavese, da Itaca alle Langhe; ma è la prima volta che protagonista è una donna, Susanna Ricci, che non ha nostalgia del coniuge, sentimentalmente ormai perduto: la sua Itaca è nell’Abruzzo marsicano, vicino alle nostre montagne e ci sappiamo immedesimare in questa nostalgia, la sentiamo quasi nostra.
Colpisce per esempio l’affinità paesaggistica, che viene descritta quando la protagonista nel colloquio con Rosaria evidenzia la nebbia che sembra restituire il lago del Fucino sotto monte Velino: quello che succede in inverno quando dalle colline intorno alla piana reatina la nebbia sembra restituire il Lacus Velinus. Come anche alcuni profili paesani tanto somiglianti ai nostri.
E che belle le parole che l’autore mette in bocca a Rosaria e che hanno una forte tensione emotiva: “La chiamano l’anima del lago. Non è mai completamente scomparso e come un fantasma ci perseguita. Madre Natura lo rammenta. E vuole che ritorni “. Quasi una sfida quella dell’uomo che ha violato l’ordine naturale: ci si può aspettare una vendetta della natura violata.
Dicevamo un ribaltamento: una donna simbolo del ritorno, ma in tempi di globalismo ecco che i Proci da Itaca si disperdono nel resto d’Italia, si chiamano Mafia, Ndrangheta e non hanno l’esclusiva peninsulare, perché nei fatti narrati si intrecciano percorsi malavitosi che raggiungono il Canada e il Nordafrica.
NOSTALGIA DI UN RITORNO PER METTERE SOTTO ACCUSA IL NOSTRO TEMPO? CERTAMENTE.
Gli intrighi ben articolati nella storia familiare di questa donna danno l’opportunità di offrire uno sguardo su questo nostro tempo così segnatamente negativo. Nelle prime pagine incontriamo la protagonista che dal Canada è tornata nel suo paese d’origine per restaurare una casa danneggiata dal terremoto dell’Aquila. Il fallimento del matrimonio pare voler esaurire l’allontanamento dal tetto natio, quasi un pretesto per un rientro dell’anima nell’ambito più autentico. Un romanzo di sentimento, la conquista di un buon ritiro dunque, ma non è così. La donna non si sente finita anzi. Agguanterà l’occasione per ricominciare una vita lavorativa autonoma. Ma sarà proprio questo che la porterà su percorsi avventurosi e densi di pericoli.
Emergeranno così i vari profili di parenti e amici, ma anche di sconosciuti che tramuteranno quello che poteva sembrare un romanzo sentimentale in un vero e proprio poliziesco. Tratti che offriranno al lettore spunti di riflessione su temi del nostro tempo, dei nostri giorni. Argomenti che emergono nei media a ogni pié sospinto, che tormentano le coscienze. E sì perché anche nella piccola entità territoriale del piccolo paese marsicano è arrivata la mano nera della malavita. E che riscontri.
Gli scenari narrativi mutano, si allontanano, raggiungono orizzonti impensabili, entrano in campo riscontri lontani anni luce dalle tiepide giornate paesane. Ci si sposta in palazzi rigogliosi di vita mondana ad altissimi livelli, si torna a Montreal si scoprono i lati oscuri di una malavita a cinque stelle che ha una ramificazione perfino nel paesello marsicano e che fa diventare protagonista, suo malgrado, la povera Susanna. Non solo Montreal: i confini si dilatano fino a raggiungere i paesi del Nord Africa, fino ad attualizzarsi all’oggi con il dramma dell’emigrazione. Il nostro autore non esibisce l’attualità, riesce ad inserire in una trama avvincente fatti e personaggi che potremmo incontrare in ogni momento.
Farabutti in doppio petto accanto a manovali e braccianti dell’efferatezza, ingenui e fedifraghi si alternano sullo scenario in una tragedia che a momenti sa diventare farsa.
Come quando si scoprono tutte le follie burocratiche alle quali è sottoposta la protagonista, che non sa entrare nei meccanismi della burocrazia italica che si perde in giravolte incredibili, per il restauro della casa della madre con tutti i problemi amministrativi, con le ditte che inventano mille pretesti per ritardare o annullare i lavori. Ma anche personaggi in carne ed ossa c’è perfino spazio per il figlio di Gheddafi, con la storia del Perugia calcio, che riesce ad inserirsi a proposito come sa ben fare Henderson condendo la cronaca con la storia. Ci sono i “cafoni” di Ignazio Silone. E numerosi personaggi della vita politica italiana dei nostri giorni. L’ayatollah Komeini che si dichiara stanco della “moschea e del seminario” e che beatifica in versi l’apertura della taverna. Dunque dicevamo un romanzo che sa vestire anche gli abiti del poliziesco, che sa stimolare la riflessione, che fa movimentare la narrazione sollecitando la tensione narrativa che prende il lettore.
Ma il romanzo è soprattutto narrazione attenta sul personaggio Susanna. Meno di venti righe per presentarcela, con un profilo attento, essenziale ed esaustivo. Una vita condensata in meno di venti righe:
“Susanna Ricci era in subbuglio. A quarantadue anni, il suo matrimonio stava andando a pezzi. Non poteva più nasconderlo. Era soltanto questione di tempo prima che lei e suo marito si sarebbero ritrovati davanti ai legali, per discutere di quel che restava di vent’anni di vita insieme. I loro due figli erano furiosi con entrambi e il maggiore faceva i capricci, come solo un diciottenne sa fare. In più, suo padre era morto recentemente, i suoi genitori avevano lasciato alla figlia una casa abbandonata e fatiscente e Susanna era così ad Acqua Sacra per sistemare tutti i casini che aveva intorno. Non aveva lavoro e poche prospettive di trovarne, almeno nel suo campo. Ma era una donna istruita, aveva visto così tanto. “Perché non fai la segretaria?” aveva insistito sua madre, una volta, durante uno dei loro frequenti battibecchi. Susanna voleva, invece, laurearsi. “Storia, mamma”, le aveva detto. “Voglio conoscere la mia cultura”. E riuscì a farlo, ma poi quando Logan entrò nella sua vita lei abbandonò tutto (stupidamente, pensò col senno di poi) e non scrisse mai la sua tesi di laurea.”
Una donna, dunque, che ha dovuto lottare contro le avversità della vita, con i difficili rapporti con la sorella Laurella, a cominciare dalla differente situazione matrimoniale.
Per Susanna come ci ricorda l’autore, il matrimonio “era maturato infelicemente, e alla fine era fallito”, quello della sorella “impeccabile”, perfino le certezze ostentate delle figlie di Laurella, lanciate con sicurezza nelle scelte universitarie, ben contrapposta alle titubanze dei figli. Il diverso atteggiamento che hanno nei confronti del luogo di origine, che sentono ormai lontano, anzi che avversano palesemente come dichiara la figlia maggiore a proposito dell’Italia, dopo il suo rientro in Canada: “è tutto vecchio e rotto”.
Lo scontro con la sorella è ben chiaro: due caratteri diversi, due modi di pensare all’opposto; feroce la sintesi con la quale Laurella si riferisce al luogo d’origine “puzza”.
Avversaria risoluta nei confronti della madre che aveva espresso il desiderio di ristrutturare la casa: “Perché sprecare soldi su un relitto”. Laurella era felice nella sua nuova dimensione non aveva nostalgia, l’aveva abolita e aveva negato il passato.
Stimolo per riflettere: Laurella personaggio ben consono al nostro tempo. Viviamo un’epoca che sembra voler abolire la nostalgia e negare il passato, nell’illusione di vivere un’eterna fanciullezza. La sindrome di Peter Pan nega la nostalgia perché rifiuta il trascorrere del tempo. Il fascino della nostalgia rende invece sacro quel passato. Non puoi rifarlo né cancellarlo.
Rientriamo nella vicenda che sa anche caratterizzarsi nella concretezza degli avvenimenti. La morte del titolare dell’impresa che stava effettuando i lavori di restauro della casa della madre nella quale Susanna da ragazza era vissuta. Porta di nuovo momenti problematici per l’esito dell’iniziativa che parte dalla madre ma che coinvolge direttamente e sentitamente Susanna. Quanta differenza con Laurella che invece ha esaurito completamente i legami, deracinee, totalmente sradicata ben felice dei suoi “viaggi in crociera, la confusione, la gente, le cene in abito da sera”.
Totalmente a suo agio nella nuova dimensione esistenziale. Anche perché economicamente ben salda con il suo matrimonio. Situazione diversa da Susanna che deve cercarsi anche un lavoro dopo l’abbandono del marito. Sarà proprio quel lavoro a metterla poi nei guai, a farle correre i rischi e qualcosa di più; se poi si pensa che sia stato proprio Len, il suo ex marito a spingerla verso quell’impiego si avverte di più la problematica situazione esistenziale di questa donna. Donna di sentimento Susanna, attenta nel rapporto non sempre facile con i due figli, che però la sostengono quando ha paura di non essere all’altezza per il lavoro che dovrà affrontare. Susanna torna ad Acqua Sacra e si impegna affrontando piccoli grandi problemi per quella benedetta casa. Sono proprio queste difficoltà esistenziali che ci fanno apprezzare questa donna nel percorso narrativo del romanzo. E soprattutto l’apprezzamento è per la su grande onestà e capacità di svelare il velo dei traffici spregevoli che si muovono intorno ai fatti della sua vita.
Ma è il tema del ritorno e della nostalgia che si possono cogliere nella sua personalità.
La nostalgia caratterizza le persone forti che non hanno timore di guardare al passato.
Susanna è capace di sistemare i pezzi del passato, capace di fare della vita un percorso compatto. La sua sensibilità la porta a preoccuparsi per i figli, ad esaudire il desiderio della madre, ad affrontare con coraggio le situazioni difficili nelle quali suo malgrado verrà coinvolta. Insomma un personaggio a tutto tondo intorno al quale ruota il romanzo.
Il ritorno in Abruzzo come possibilità di riconciliarsi con un mondo lontano per il quale avverte una distanza non facilmente abbattibile.
La ritroveremo ad Acqua Sacra in una situazione certamente scomoda, con i lavori sospesi nella casa, lo scontro con la madre di chi avrebbe dovuto concludere il restauro.
Ma anche coinvolta suo malgrado in una operazione ben oltre le righe della normalità, in cambio dell’immunità dall’azione giudiziaria che si stava mettendo in atto in Canada.
Il suo sconcerto per quella situazione è ben evidenziato nella puntuale messa appunto psicologica che Keith Henderson sa rendere perfettamente con una serie di metafore che si sommano nella riflessione che Susanna fa con se stessa, il disappunto per le montagne russe, la sofferenza per le vertigini, la guida tranquilla, il non voler imparare a sciare. Nella parte finale del libro il clima si intensifica verso il poliziesco. E qui la fantasia e la realtà dei nostri tempi si coniugano in situazioni che danno un sapore ancora diverso e arricchente per questo romanzo così vivace.
Lascio ai lettori la scoperta di questa ulteriore qualità del libro. Mi resta da fare alcune brevi considerazioni sulla divisione del libro 4 parti, 38 capitoli e un epilogo. Una costruzione ben strutturata, ogni capitolo recita una sua parte, lo scrittore ha saputo condurre l’affabulazione in modo coinvolgente; il lettore sviluppa il percorso seguendo un filo rosso che sa dipanarsi in modo appropriato a seconda della scrittura proposta: nel dialogo fitto o spezzato, che ci porta ad immedesimarci nei personaggi e a provare le più diverse sensazioni: rabbia che si traveste in diplomatica persuasione, auscultazione della natura che sa manifestarsi in modo piacevole, ma anche ad evidenziare la sua malvagia forza.
Insomma un convincente esercizio di tecnica narrativa, un esemplare e coinvolgente testo che ti prende dalla prima all’ultima pagina. Veramente un bel libro.
— GIANFRANCO FORMICHETTI, assessore alla cultura, Città di Rieti, autore di Vita di Antonio Vivaldi, Giunti Editore